Alternativa Libertaria/Federazione dei Comunisti Anarchici

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Sindacato

Sindacati e confindustria, un appello neocorporativo.

Il documento meglio noto come “Appello per l’Europa”, recentemente siglato tra CGIL – CISL – UIL e CONFINDUSTRIA costituisce, per la CGIL, la prima conseguenza dei limiti di un congresso, il XVIII, che non è riuscito a entrare nel merito dei problemi all’ordine del giorno: un congresso che ha consapevolmente scelto di anteporre le dinamiche interne all’organizzazione alla realtà dei fatti determinati, senza effettuare una parvenza di analisi della crisi capitalistica internazionale, che ha visto e vede i profitti crescere a dismisura a scapito delle condizioni delle classi subalterne continentali e non, aggredite dall’attacco del capitale.

Ed è in questo contesto omissivo che è portato a compimento un disegno neocorporativo, che tenta di spacciare l’Unione Europea come portatrice di pace, civiltà, benessere e eguaglianza.

In realtà, siamo di fronte ad una consapevole menzogna che intende deviare l’attenzione da quelle che sono le vere cause della crisi. Queste risiedono nell’acuirsi del conflitto imperialistico per il controllo dei mercati mondiali e nella politica di potenza perseguita disordinatamente stato per stato dall’Unione Europea, che vive la contraddizione tra la necessità di compiere scelte politiche unitarie per far fronte alla concorrenza internazionale, e le esigenze delle singole componenti imperia- listiche che, invece, si dividono, vale a dire: l’Europa dovrebbe essere unità ed esprimere una maturità imperialistica, ma ancora non ci riesce. E’ questo che è in gioco, non altro.

Nel leggere l’incipit del documento in questione, “Perché un appello per l’Europa”, viene da pensare: ma L’Unione Europea ha davvero “garantito una pace duratura in tutto il nostro continente”?

Basta leggere Wikipedia per capire che la pace sbandierata non è mai esistita: dal 1991 al 1999 nella ex federazione jugoslava, proprio nel cuore del continente europeo, è divampata una delle guerre civili più feroci di questi ultimi 200 anni. Contemporaneamente, in rapida successione dal crollo dell’URSS in poi, si è acceso in Cecenia un conflitto con la Russia che ha prodotto oltre 100.000 morti tra militari e civili; il coinvolgimento europeo dell’avventura in Irak e più recentemente in Libia; lo scontro militare che dal 2014 ha contrapposto in Ucraina l’esercito regolare di questo paese, il governo ucraino è sostenuto dall’Unione Europea, e le milizie della regione del Donbass sostenute dalla Russia; i conflitti armati in Medio Oriente che vedono impegnate sul campo truppe di paesi aderenti all’Unione Europea gli uni contro gli altri (l’avventura della Francia e dell’Italia in Libia), che perseguono una vera e propria aggressione imperialistica per il controllo di settori strategici per l’economia mondiale; il traffico di armi che vede schierate sui campi di battaglia imprese europee e italiane; il dramma dell’immigrazione incrementato anche dalle avventure imperialistiche degli stati costituenti l’Unione Europea che se ne lavano poi le mani.

Anche Il tentativo di spacciare l’Europa come grande potenza benigna creatrice di benessere è ampiamente contraddetto dalle politiche neoliberiste perseguite con organicità dall’Unione Europea: il pareggio di bilancio nella costituzione della repubblica; le vicende relative alla questione Greca dove le politiche neoliberiste dell’Unione Europea hanno letteralmente affamato e svenduto un popolo; il salvataggio delle banche e il crollo dei salari reali in molti dei paesi dell’Unione; l’attacco allo stato sociale; il definirsi di paesi “ricchi” e paesi “poveri”; l’indebolimento delle organiz- zazioni sindacali e l’aumento della povertà costituiscono l’obiettivo bilancio delle politiche economiche e sociali di quell’Unione Europea che i firmatari del documento intendono rilanciare.

Ma anziché affondare le mani nelle cause della crisi ascrivibili al capitalismo e svolgere un obiettivo bilancio critico per individuare obiettivi di difesa dei reali interessi di classe il sindacalismo confederale non trova niente di meglio che farsi paladino della comunanza di interessi tra lavoratori e imprese in un rinnovato patto neo corporativo che pone al centro gli interessi delle imprese e cioè di quel 5% che in Italia detiene la metà della ricchezza sociale prodotta.

E così è che nell’appello si declina la necessità di “unire persone e luoghi” proponendo, senza troppi giri di parole, “l’apprendistato europeo…per permettere ai giovani di formarsi in una sorta di Erasmus in azienda” . Siccome è la CONFINDUSTRIA italiana che declina un simile obiettivo sarebbe il caso di ripercorrere, e non omettere, la storia dell’apprendistato in Italia e dei suoi frutti avvelenati quali “l’alternanza scuola lavoro” e affermare chiaramente che siamo di fronte a una nuova proposta che rilancia su scala continentale i livelli di sfruttamento della forza lavoro manuale e intellettuale prevalentemente giovanile già ampiamente praticati in Italia.

Il proposto “piano straordinario per gli investimenti in infrastrutture e in reti che rappresentano un forte elemento di inclusione perché uniscono territori, città, paesi, assicurando sviluppo, occupazione e coesione sociale” è declinato dalla CONFINDUSTRIA e dai gruppi dirigenti di CGIL – CISL – UIL che auspicano “un modello di crescita e di vita socialmente responsabile e ambientalmente sostenibile… meno energivoro… puntando a obiettivi di riduzioni delle emissioni nocive…”. Non fosse che l’elenco ormai d’obbligo di queste migliori intenzioni implica il “ma anche”, vale a dire la TAV e le altre grandi opere utili solo ai profitti e non alle popolazioni e alla difesa dell’ambiente, finanziate da finanziamenti statali e europei, che ricadono comunque sulla fiscalità generale finanziata dalle lavoratrici e dai lavoratori d’Europa.

Conseguentemente è proprio il caso di sottolineare che la CONFINDUSTRIA è assolutamente favorevole alla TAV e a altre grandi opere inutili e nocive così come d’altronde autorevoli componenti dei gruppi dirigenti sindacali confederali e, d’altronde, questa scelta è emersa con grande chiarezza anche al XVIII congresso della CGIL.

Proseguendo nella lettura si giunge all’aspetto più qualificante del documento, che ne traccia i8n modo chiaro le finalità strategiche: l’Unione Europea e la sua rinnovata e auspicata unità deve servire a “dotarsi degli strumenti per competere nel nuovo contesto globale” . Attraverso il completamento del mercato unico europeo, per agevolare la circolazione dei capitali frenati dal permanere dei lacci dovuti alle rigidità delle politiche dei singoli stati membri, definire una politica industriale europea per competere con “i colossi americani e asiatici. E si fanno anche i conti per meglio convincere, tralasciando il fatto che si stanno scoprendo le carte: l’Europa è indietro: “considerando l’aggregato UE, il terzo posto è confermato al 2030 dopo Cina e USA e il quarto nel 2050 dopo l’India. Ciò significa che tutti gli stati europei presi singolarmente sono marginali. Solo l’Europa unita può aspirare ad avere un ruolo nella governance economica mondiale…” Eccoci giunti alla vera essenza dell’appello per la quale i firmatari chiamano i cittadini al voto “alle prossime elezioni europee per sostenere…. e difendere la democrazia, i valori europei, la crescita economica sostenibile e la giustizia sociale”.

La competizione con Cina e Usa è una guerra: dapprima commerciale ma che nel suo intrinseco sviluppo è in grado di costruire le premesse per un conflitto armato dalle proporzioni per ora indefinibili ma comunque drammatiche. In ogni caso i firmatari del documento auspicano una competizione tra potenze che oppone i lavoratori e le masse sfruttate dei vari paesi schierandole con i rispettivi sistemi imperialistici.

L'obiettivo è, infatti quello di giungere alla definizione di “una effettiva politica estera comune capace di esprimere il peso internazionale dell’Unione” che rappresenta la finalità autentica dell’ Appello, vale a dire il raggiungimento della maturità imperialistica dell’Unione Europea che si dimostra in grado di cavalcare il riformismo nelle sue declinazioni sindacali così come ha cavalcato il declinante riformismo politico.

Il sindacalismo confederale è subalterno a questo disegno neo corporativo che, auspicando la collaborazione con le forze del capitale, si oppone agli interessi della nostra classe.

Il divario tra nord e sud del mondo, tra paesi più ricchi e paesi poveri, il divario tra generazioni e il dramma medesimo dell’immigrazione e dell’aggressione all’ambiente, sono tutti fenomeni indotti dal modello di sviluppo capitalista.

Questi fenomeni rallentano la liberazione dal bisogno di masse sterminate di salariati che vivono nell’indigenza e nel sottosvi- luppo, subiscono direttamente il degrado ambientale e devono invece essere unificate.

Non servono appelli neo corporativi che invitano al voto alle prossime elezioni europee ma chiarezza in termini di strategia e negli obiettivi sindacali da perseguire.

E’ questa una prospettiva certamente ambiziosa, ma la posta in gioco è oggi elevatissima perché vi è un altro fenomeno che deve essere preso in considerazione: l’aggressione all’ambiente è il prodotto di una serie di scelte volte all’incremento e all’accumulazione dei profitti che hanno aumentato a dismisura le disuguaglianze aggravando le condizioni di vita di masse sterminate di esseri umani: nei paesi arretrati come nelle metropoli più ricche del pianeta, il responsabile dello sfascio ambientale che si esprime anche con guerre e devastazioni che coinvolgono anche tutte le altre forme di vita, non è “l’ essere umano” ma il modello di produzione capitalista, che per difendere e perpetrare gli interessi di pochissimi opprime e devasta centinaia di milioni di esserti viventi e l’ambiente che li circonda e mai come la storica predizione - “socialismo o barbarie” - si dimostra attuale.

Questo è il contesto e questa è la prospettiva: non importa allora che la nostra voce sia inizialmente isolata se sapremo superare l’enunciato con scelte di chiarezza, concretezza e responsabilità.

Rivolgersi quindi alle lavoratrici e ai lavoratori in Italia, in Europa e nel resto del mondo, non con astratti proclami delle migliori intenzioni nostre ma per rilanciare un vasto disegno unitario capace di evolversi a livello continentale verso la costituzione di un forte sindacato Europeo aperto alle masse oppresse del bacino del mediterraneo, da realizzarsi su obiettivi immediati e concreti in materia di salario, riduzione di orario a parità di retribuzione, pensioni e rilancio dell’assistenza sociale e dell’istruzione pubbli- che per tornare a vincere imponendo con il conflitto di classe l’unico efficace controllo sulla barbarie capitalista.

Aprile 2019

Difesa Sindacale

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